Internet per Tutti - Newsletter gratuita

Raccolta degli articoli di gennaio 2004

(C) 2004 Paolo Attivissimo. Distribuzione libera alle condizioni indicate presso http://www.attivissimo.net/nl/norme_distribuzione.htm.

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[IxT]2004_01_31 - 018. La diffida anti-notifica virus ai responsabili informatici

Questa newsletter vi arriva grazie alle donazioni di "gphp", "stefano.b**di" e "giovanni.z***".

Visto che me l'avete chiesto in tanti, ecco il testo che uso io per diffidare i responsabili dei sistemi informatici dal mandarmi notifiche assolutamente inutili quando ricevono un virus/worm che ha falsificato il mittente usando il mio indirizzo di e-mail. Usatelo con giudizio, e soltanto con i provider italiani (a quelli esteri non si applicano le leggi antispam italiane). Gli indirizzi dei responsabili ai quali inviare la diffida sono solitamente indicati nel testo delle notifiche che ricevete.

Due parole per i responsabili informatici che leggono questa newsletter: la politica dei sysadmin e delle società produttrici di antivirus sarà
oggetto di un mio prossimo articolo per Apogeonline. Ho già ricevuto i commenti di alcune società produttrici, che scaricano discutibilmente la
colpa sui sysadmin che non disabilitano l'opzione: se volete aggiungere il vostro punto di vista, sarà naturalmente ben accetto. Scrivetemi a topone@pobox.com.

----- inizio testo ----

Egregi Responsabili di Sistema,

con la presente vi diffido dall'inoltrarmi ulteriori false comunicazioni riguardanti presunti "virus" che vi avrei inviato.

Tali comunicazioni sono false in quanto è stranoto, fra gli addetti ai lavori, che tutti i virus/worm da anni a questa parte fanno spoofing del mittente. Pertanto è inutile e deleterio inviare notifiche al mittente spoofato, perché NON E' LUI CHE VI HA INVIATO IL WORM.

Queste notifiche non soltanto generano irresponsabilmente inutile allarme negli utenti meno esperti e traffico superfluo per i server di posta già intasati dall'attuale ondata di attacchi del worm, ma costituiscono vero e proprio SPAM.

Le vostre notifiche, infatti, contengono informazioni pubblicitarie riguardanti i prodotti antivirali da voi adottati. Informazioni che io non ho richiesto né desidero, e che mi vengono inviate da voi senza il mio consenso e senza offrire una opzione di "opt-out", costituendo pertanto una violazione delle leggi italiane vigenti.

Richiamo alla vostra attenzione il comunicato stampa del Garante per la protezione dei dati personali del 3/12/2003, che ribadisce il concetto che "inviare e-mail pubblicitarie senza il consenso del destinatario è vietato dalla legge. Se questa attività, specie se sistematica, è effettuata a fini di profitto si viola anche una norma penale e il fatto può essere denunciato all’autorità giudiziaria. Sono previste varie sanzioni e, nei casi più gravi, la reclusione."

http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=272444

A parte queste considerazioni legali, è ben noto che tutti i sistemi antivirus consentono di disabilitare la notifica al mittente (apparente) del messaggio infetto. Lasciare attiva quest'opzione di notifica è quindi poco professionale ed estremamentedannoso per la Rete. Ne è prova il fatto che ormai io, come molti altri utenti, ricevo più notifiche errate che virus/worm.

State intasando Internet e i vostri stessi server di posta più di quanto abbia fatto il worm. Vi invito pertanto a riflettere seriamente sull'opportunità di disabilitare queste notifiche.

Distinti saluti

--- fine testo ----

Ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_30 - 017. Aggiornamento sul virus Mydoom

Questa newsletter vi arriva grazie alla donazione straordinaria di "enrico.ass***ti".

Come avrete probabilmente notato, la posta di Internet è nel caos più totale. Il virus Mydoom è responsabile soltanto in parte di questo disastro: parte della colpa, infatti, spetta ai responsabili dei sistemi informatici che irresponsabilmente diramano notifiche fasulle. Mi spiego tra un attimo.

Prima, però, c'è una novità sul virus/worm, che va in genere sotto il nome di Mydoom, anche se ciascuna società di produzione di antivirus lo chiama con un nome diverso (bella furbata). Mydoom ha infatti già generato una mutazione, Mydoom.B, che invece di colpire SCO ha come bersaglio Microsoft. Anche questa mutazione inizierà l'attacco l'1 febbraio.

Inoltre molti lettori mi hanno chiesto chiarimenti sugli eventuali pericoli che corrono ricevendo un messaggio infetto e su come difendersi. Riassumo:

-- Mydoom NON HA EFFETTO SE NON APRITE L'ALLEGATO CHE LO CONTIENE. E' quindi sufficiente imparare a non aprire gli allegati inattesi, anche se sembrano provenire da un indirizzo autorevole o che conoscete.

-- Se ricevete un messaggio sospetto, è sufficiente cancellarlo senza aprire l'allegato.

-- Mydoom ha effetto soltanto su computer che usano Windows. Chi usa altri sistemi operativi (Mac, Linux, eccetera) non corre alcun pericolo.

-- Mydoom non usa il vostro programma di posta per spedirsi a nuove vittime: ha un proprio programma di posta che agisce invisibilmente.

-- USATE UN ANTIVIRUS E TENETELO AGGIORNATO. Tutti gli antivirus riconoscono Mydoom e lo eliminano se vi infettate.

-- USATE UN FIREWALL, per esempio Zone Alarm; lasciate perdere quello integrato in Windows, perché non blocca il traffico uscente.

-- NON PERDETE TEMPO AD AVVISARE CHI VI MANDA MESSAGGI INFETTI. Il mittente e' fasullo.

E' infatti importantissimo tenere presente che Mydoom, come del resto praticamente tutti i virus da qualche anno a questa parte, falsifica il mittente del messaggio che lo trasporta. In gergo questo si chiama "spoofing". E' per questo che non bisogna avvisare i mittenti dei messaggi infetti.

Esempio: Tizio è un utonto che, nonostante siano anni che l'intera comunità informatica si sgola ad avvisare che non bisogna aprire gli allegati senza un controllo antivirus, apre qualsiasi porcata gli venga inviata. E così s'infetta con Mydoom.

Mydoom a questo punto legge la rubrica degli indirizzi di Tizio e usa il proprio programma di posta integrato per inviare invisibilmente un e-mail contenente una copia di se stesso agli utenti presenti nella rubrica di Tizio (se Tizio avesse un firewall, come per esempio Zone Alarm, questo invio verrebbe bloccato, ma Tizio è appunto un utonto). In pratica, grazie alla sua dabbenaggine Tizio tenta di infettare inconsapevolmente tutti quelli che conosce.

Per cercare di confondere le acque, Mydoom confeziona l'e-mail falsificando il mittente: invece di dichiarare di provenire da Tizio, fa sembrare che l'e-mail infetto provenga da un indirizzo pescato nella rubrica di Tizio: per esempio, l'indirizzo di Sempronio. Così quando Caio riceve il messaggio, crede che gliel'abbia mandato Sempronio anche se in realtà proviene da Tizio. Caio s'inviperisce per il virus ricevuto e quindi sommerge d'insulti Sempronio, che poverino non c'entra nulla.

La cosa che mi manda in bestia è che questo meccanismo è comprensibilmente poco conosciuto fra gli utenti ordinari, ma dovrebbe essere stranoto a chi fa informatica per lavoro. E invece gli amministratori dei sistemi informatici configurano i propri antivirus in modo da inviare una notifica al mittente di ogni messaggio ricevuto che viene trovato infetto.

Ovviamente, essendo il mittente falso, finisce che mandano la notifica alla persona sbagliata. Ecco perché state ricevendo, come me, non solo dozzine di copie del virus, ma anche decine di avvisi del tipo "attenzione, hai mandato un virus all'utente X", dove l'utente X è una persona che non conoscete affatto, anche se siete assolutamente sicuri di non essere infetti.

Insomma, pur essendo passati anni dall'avvento dello spoofing, c'è ancora una mandria di imbecilli che pensa che sia una cosa intelligente diramare notifiche di questo tipo fidandosi del mittente indicato dal virus. Bella questa: un antivirus che si fida di un virus.

La conseguenza di quest'irresponsabilità generalizzata dei tecnici è che la Rete è intasata non soltanto dal virus, ma anche dalle inutilissime notifiche di questi incompetenti. Io mi sono stufato e sto rispondendo a queste notifiche con una diffida a smettere di accusarmi ingiustamente di essere untore e a piantarla di intasare la Rete inutilmente; oltretutto, siccome queste notifiche fanno pubblicità sfacciata all'antivirus, si configurano come spam, e sono quindi in violazione delle leggi italiane sullo spamming. Se vi interessa, ve la mando.

Mi raccomando, quindi: tenete costantemente aggiornato il vostro antivirus, non aprite gli allegati inattesi, ignorate le notifiche che vi arrivano e tenetevi forte: già ora pare che un e-mail su tre sia infetto da Mydoom, ma mi sa che il peggio deve ancora venire.

Ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_29 - 016. Antibufala: l'incidente di Dell'Utri junior

Questa newsletter vi arriva grazie alla donazione straordinaria di "andcoz".

Circola su Internet una serie di messaggi secondo i quali il figlio del parlamentare Marcello Dell'Utri avrebbe investito una signora a Milano, ma la notizia sarebbe stata insabbiata. I messaggi parlano di una signora "finita sotto una Citroen". Nella Citroen sarebbero stati trovati "una siringa con ago, un cucchiaino e della polvere bianca", risultata essere "un mix di cocaina e caffeina", e il guidatore sarebbe "il maggiore dei figli del parlamentare di Forza Italia Marcello Dell'Utri. Se qualcuno legge 'Il Giorno', la notizia è nel numero del Novembre."

Questi messaggi non sono bufale, nel senso che la notizia è stata effettivamente pubblicata dal Giorno del 6/11/2003. L'articolo originale, a firma di Tino Fiammetta, è attualmente ancora reperibile al link citato in alcune versioni dell'appello:

http://ilgiorno.quotidiano.net/chan/87/8:4911399:/2003/11/06

La notizia è stata riportata anche da Clarence.com in un articolo a firma di Gianluca Neri del 24/1/2004:

http://www.clarence.com/contents/cultura-spettacolo/quarantadue/archive/004163.html#004163

Immettendo in Google le parole chiave degli appelli si trovano moltissimi siti che riferiscono della vicenda, ma si tratta di ripetizioni di quanto già descritto da questi due articoli che quindi non possono essere considerate come fonti di ulteriore conferma indipendente.

I dettagli descritti negli appelli in circolazione corrispondono sostanzialmente a quanto riferito da questi articoli, con l'eccezione che secondo gli articoli la signora non è "finita sotto una Citroen", frase che sembrerebbe intendere che la signora è stata travolta mentre era a piedi e farebbe ricadere la colpa dell'incidente chiaramente su Dell'Utri junior, ma è stata investita mentre era a bordo della propria auto. La dinamica e le responsabilità sono quindi meno chiare di quanto sottintendono i messaggi in circolazione.

C'è anche un seguito: un articolo pubblicato dal Giorno del 7/11/2003 e disponibile presso

http://ilgiorno.quotidiano.net/chan/70/7:4914601:/2003/11/07

a firma di "Ma. Ro.", secondo il quale esiste "una richiesta di chiarimenti dalla Procura della Repubblica alla vigilanza urbana. L'ufficio del sostituto procuratore Francesco Greco, magistrato di turno che ha recepito il primo rapporto, chiede una relazione che scandisca momento per momento l'intervento fatto il 31 ottobre alle sei del mattino in via Moscova, all'angolo di corso di Porta Nuova: quando la «Citroen Saxo» guidata dal 22enne Marco Dell'Utri, figlio del parlamentare di Forza Italia, investì l'auto di una donna."

Quest'ultima frase sembrerebbe dare la colpa dell'incidente a Dell'Utri (a meno che la signora sia per esempio passata col rosso). L'articolo, inoltre, nota il particolare curioso che "gli agenti avrebbero perso di vista il giovane senza più riuscire a rintracciarlo".

Pur avendo io poca fiducia nei giornalisti in generale, viste le bufale che hanno preso in altre occasioni documentate dal Servizio Antibufala, vorrei concedere il beneficio del dubbio e considerare le notizie riportate come vere fino a prova contraria, almeno nella loro essenza. Con le mie modestissime risorse di detective antibufala a mezzo servizio non posso andare a verificare di persona se esiste un verbale o a sentire testimoni.

Volendo essere molto scrupolosi, non posso escludere un'omonimia, dato che dai pochi elementi che ho per ora a disposizione non è chiaro come si sia arrivati alla conclusione che il Dell'Utri in questione è proprio il figlio del parlamentare, ma mi sembra un'ipotesi remota. Voglio sperare che prima di pubblicare la notizia i giornalisti abbiamo verificato le informazioni senza arrivare a scrivere conclusioni affrettate. Forse è una speranza ingenua, ma staremo a vedere.

Resta la questione dell'accusa di insabbiamento, sulla quale dico solo che può trattarsi sia di un abuso di influenze politiche, sia di un tentativo di screditare un politico attribuendogli in qualche modo le colpe (peraltro da accertare) del figlio. Non sta a me deciderlo e la dietrologia non è il mio forte.

Per il momento è tutto quello che so: ho cominciato a scrivere questi pochi appunti per rispondere al gran numero di richieste d'indagine che mi sono pervenute. La sostanza dell'indagine è che l'appello che circola non è totalmente infondato ma si basa su almeno due articoli di giornale. Se ci sono aggiornamenti, li troverete presso

http://www.attivissimo.net/antibufala/dellutri/incidente_insabbiato.htm

Ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_27 - 015. Flash: attenzione al nuovo virus "tecnico" MyDoom

Questa newsletter vi arriva grazie alle gentili donazioni di "fiammalibera", "andrea.spo***" e "jje".

Non lasciatevi ingannare dal titolo dei messaggi intitolati "Test", "Status", "hi", "hello", "Mail Delivery System", "Mail Transaction Failed", "Server Report", "Status Error" o contenenti frasi apparentemente tecniche come queste:

"The message contains Unicode characters and has been sent as a binary attachment"
"Mail transaction failed. Partial message is available"
"The message cannot be represented in 7-bit ASCII encoding and has been sent as a binary attachment"

NON APRITE L'ALLEGATO e AGGIORNATE IL VOSTRO ANTIVIRUS. Si tratta infatti di un virus (più correttamente di un worm), precisamente Mydoom/Novarg, che si è scatenato ieri 26/1/2004.

I dettagli del virus/worm sono disponibili presso i siti dei principali produttori di antivirus, ad esempio presso Symantec:

http://securityresponse.symantec.com/avcenter/venc/data/w32.novarg.a@mm.html

Il worm ha effetto soltanto sulle macchine Windows (e questa non è una novità), con l'eccezione di Windows 3.1. In sé non è particolarmente pericoloso, dato che per infettarsi è necessario aprire l'allegato: se non aprite l'allegato e cancellate il messaggio, siete a posto.

Ma allora come mai la gente si infetta lo stesso a frotte? Non lo sanno anche i muri, ormai, che gli allegati inattesi non si aprono? Evidentemente no, o se lo sanno, se lo dimenticano. Infatti il worm usa le tecniche di "social engineering" descritte qui

http://www.attivissimo.net/security/soceng/soceng.htm

per indurre l'utente a dimenticarsi della normale prudenza: si spaccia per un messaggio tecnico (quindi sfrutta il principio d'autorevolezza) e dice che un messaggio destinato a voi è arrivato danneggiato o codificato in modo anomalo e quindi è contenuto nell'allegato.

Chi rispetta le regole proposte dal mio Piccolo Dodecalogo di Sicurezza:

http://www.attivissimo.net/security/dodecalogo/dodecalogo.htm

non corre alcun pericolo, perché la Regola 8 dice chiaramente "Non aprite gli allegati non attesi, di qualunque tipo, chiunque ne sia il mittente, e comunque non apriteli subito, anche se l'antivirus li dichiara 'puliti'".

Ricordatevi sempre e comunque di aggiornare il vostro antivirus. L'ho già detto, ma ripeterlo non fa male.

Mi raccomando, non scrivetemi chiedendo istruzioni su come disinfestare il vostro computer. Non posso fare assistenza tecnica a tutti: dovevate pensarci prima, e se non ci avete pensato, vi meritate di pagare qualcuno che vi aiuti a domicilio. I siti antivirus offrono inoltre istruzioni e programmi di ripulitura appositi. Usateli.

Fin qui il worm non è particolarmente anomalo, se non per la sua diffusione spettacolarmente rapida, che dimostra che non occorre creare virus tecnologicamente sofisticati: basta far leva sull'ingenuità degli utenti con qualche classico espediente psicologico.

L'aspetto insolito di questo worm è che fra l'1 e il 12 febbraio 2004 prenderà di mira il sito della SCO, società che ha causato non poche polemiche con la sua dichiarazione (non ancora confermata in tribunale) che Linux contiene codice SCO copiato senza autorizzazione. Lo scopo è evidentemente creare un'orda di computer infetti che a febbraio bombarderanno contemporaneamente il sito SCO, rendendolo inservibile.

L'altra particolarità del worm è che si copia alla directory in cui il programma Kazaa scarica i file ricevuti e si traveste da programma eseguibile, con nomi-civetta come "icq2004-final" e "winamp5", in modo da invogliare altri utenti Kazaa a scaricarlo e quindi infettarsi. Anche qui valgono le regole di sicurezza del Dodecalogo, in particolare la Regola 1: "Installate un buon antivirus, tenetelo costantemente aggiornato e usatelo su tutti i file che ricevete." Sottolineo "tutti", compresi quindi i file che scaricate dai circuiti di scambio come Kazaa o WinMX.

Il worm, infine, tenta di aprire una "backdoor", ossia un canale di comunicazione nascosto, sulle porte TCP da 3127 a 3198. In teoria questo consente a un aggressore di collegarsi al computer infetto e usarlo come testa di ponte per accedere ai file che contiene. La backdoor è inoltre in grado di scaricare ed eseguire qualsiasi programma a piacimento dell'aggressore.

Ultima curiosità: come avviene sempre più spesso, il worm ha una data di scadenza. Cesserà infatti di diffondersi il 12 febbraio 2004. Questa scadenza incorporata, e l'assenza di attività distruttive, indicano la nuova tendenza dei creatori di virus: non più vandali che vogliono semplicemente distruggere il contenuto dei PC di vittime prese a caso, ma attenti pianificatori che organizzano un esercito di "zombi digitali" per attaccare il nemico di turno.

Attenti, dunque, a non zombificarvi!

Ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_20 - 014. Antibufala: il fantasma dietro al turista di Sundarbans

Questa newsletter vi arriva grazie alle gentili donazioni di "00711", "asermon" e "stuntmanz".

L'italiano è un po' claudicante, ma il messaggio rimane terribile: c'è una foto che ritrae un turista dall'aspetto orientale, e dietro il turista si vede chiaramente un fantasma. E quel che è peggio, l'appello minaccia che chi non distribuisce la foto a tredici conoscenti farò una fine orribile: "Il tizio della foto è andato a fare una gittà ad Sundarbans con dei amici, e gli ha chiesto di scattare una sua foto. Al momento dello scatto, il tizio a urlato e caduto a terra per un svanimento. Dopo due giorno è morto. Le fu diagnosticato un attaco del cuore.Quando gli amici hanno svilupato la foto, al fianco al tizio compariva una donna. Gli amici continuano ad affermare che loro erano soli. Molte persone dicono che è un fotomontaggio. La foto è veramente spaventosa. Un officiale della marina la spedita a 13 persone e fu promosso. Un dirigente di aziende la cestino e fu licenziato. Percio non fare l'stupido(a). Spedisci la foto a 13 persone e qualcosa di buono ti succederà. Non spedire alla persona cxhe ti ha mandata."

In realtà la foto "veramente spaventosa" è semplicemente un fotomontaggio, e fatto anche maluccio. I segni di fotoritocco si notano in particolare lungo la gamba destra (sinistra per chi guarda) del ragazzo, lungo la borsa, lungo l'avambraccio sopra la borsa e fra l'avambraccio e il corpo: i contorni sono di gran lunga troppo netti, segno evidente di un "copia e incolla" maldestro.

Anche i bordi del vestito del fantasma sono stranamente netti per una creatura così evanescente. Un esperto avrebbe sfumato i contorni per renderli simili a quelli del resto dell'immagine. Dove s'incontrano l'avambraccio e la borsa, poi, ci sono addirittura due avanzi neri dello sfondo originale.

Sinceramente non pensavo ci fosse molta gente disposta ad abboccare a fotomontaggi così grossolani e tanto meno a credere nelle immagini di fantasmi che appaiono soltanto a rullino sviluppato, ma evidentemente la superstizione e la voglia di credere al paranormale persistono anche nel terzo millennio. C'è persino chi mi scrive di non aver chiuso occhio, inquietato da quest'immagine e dalla maledizione che l'accompagna. C'è soprattutto tanta gente che la inoltra a parenti, amici e colleghi perché ha paura della "maledizione" contenuta nell'appello, e ci sono anche gli scellerati che la rimandano dicendo "io a queste cose non ci credo, però non si sa mai....".

Per carità, non diffondete questa foto, neppure perché "non si sa mai". Non c'è niente da sapere, né alcunché di spiritico o paranormale: è semplicemente un pessimo fotomontaggio, creato allo scopo di farvi fare la figura dei gonzi.

Comunque, per tranquillizzare ulteriormente queste persone angosciate quanto ingenue, alla semplice analisi tecnica della foto aggiungo un supplemento d'indagine grazie alla segnalazione di una lettrice (alekarl) e al talento investigativo dei detective antibufala di Urbanlegends.com.

Presso la pagina di Urbanlegends.com dedicata a questa bufala

http://urbanlegends.about.com/library/bl_sundarbans_ghost.htm

c'è la versione inglese dell'appello, che è probabilmente quella originale e dice grosso modo le stesse cose della versione italiana (ma senza le sgrammaticature di quest'ultima). Secondo Urbanlegends.com, la foto risale almeno a novembre 2003, e la signorina fantasma è guarda caso esattamente la stessa di un'altra famosa foto-bufala che dovrebbe ritrarre un cimitero in cui aleggia lo spettro di una donna malese violentata e uccisa da un soldato giapponese durante la seconda guerra mondiale (la storia è raccontata presso

http://urbanlegends.about.com/library/bl_malay_ghost.htm

Persino la sua posa e il modo in cui sono disposti i capelli sono identici: un chiaro segno di fotomontaggio "copia e incolla". Come se non bastasse, il fantasma è protagonista di un'altra celebre immagine (in realtà si tratta di una GIF animata), che trovate sempre presso Urbanlegends.com

http://urbanlegends.about.com/library/bl_ghost_video.htm

Fra l'altro, il Sundarbans esiste davvero: è un parco situato in Bangladesh

http://www.betelco.com/bd/sundar/sundar.html

e la foto del turista ha seminato il panico in India, come riferisce Ananova

http://www.ananova.com/news/story/sm_820471.html

dopo che un incauto giornale locale l'ha pubblicata spacciandola per autentica. La storia che accompagnava la foto in questo caso è però diversa da quella attualmente in circolazione: il ragazzo nella foto sarebbe stato infatti uno studente di Bangalore in visita a una località sulle colline di Pulianjolai.

L'indagine completa e le foto citate sono a vostra disposizione presso

http://www.attivissimo.net/antibufala/fantasmi/sundarbans.htm

Ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_20 - 013. Antibufala: digita "miserabile fallimento" in Google, salta fuori Bush!

Questa newsletter vi arriva grazie alla donazione straordinaria di "luigi.guai****".

Nell'appello che vi presento oggi non c'è un testo standard, ma semplicemente una segnalazione: digitando "fallimento" o "miserabile fallimento" in Google.it (o gli equivalenti inglesi "failure" e "miserable failure" in Google.com), il primo risultato restituito dal celebre motore di ricerca è la biografia del presidente degli Stati Uniti George W. Bush. Seguono a ruota, o si alternano al primo posto, altri personaggi importanti, compreso Michael Moore, l'autore del celebre e controverso documentario Bowling for Columbine.

C'è chi ha ipotizzato che si tratti di un attacco informatico che ha sovvertito il funzionamento del preziosissimo e consultatissimo Google: ci è cascata per esempio l'Adnkronos:

http://www.adnkronos.com/Politica/2004/Settimana02da05-01a11-01/internet_060104.html

in un articolo del 6 gennaio 2004, intitolato "'Pirati' in azione sul web - Internet, cerchi 'fallimento' e trovi Berlusconi e Bush": l'articolista, Enzo Bonaiuto, parla esplicitamente di un "raid 'pirata' operato da uno sconosciuto 'hacker' sulle pagine Web".

Tranquilli! Le cose non stanno affatto così: nessun vandalo informatico ha violato la sicurezza di Google. Si tratta semplicemente di un gioco noto da tempo fra gli smanettoni e noto come Googlebombing: consiste nell'usare mezzi leciti per indurre Google a restituire risultati inattesi e sorprendenti, preferibilmente con valenza politica satirica. Il bello è che non richiede, come potreste immaginare, lo sforzo concertato di un gran numero di utenti. Ne basta meno di una cinquantina.

Come si fa? Probabilmente già sapete che Google ordina i propri risultati in base a numerosi criteri, uno dei quali è il numero di pagine Web differenti che contengono le parole cercate, usate come link che conduce a una determinata pagina. Il ragionamento che sta dietro a questo criterio è che se una pagina viene linkata da molte pagine differenti usando le medesime parole, vuol dire probabilmente che si tratta di una pagina utile o importante per chi sta cercando quelle parole. Confusi? Niente paura, tra un attimo faccio un esempio.

Per effettuare un Googlebombing è sufficiente creare un discreto numero di pagine distinte, sparse su più siti, tutte contenenti l'esatto medesimo link. Fatto questo, si sottopongono a Google le pagine contenenti il link è il gioco è fatto.

Supponiamo per esempio che vogliate perpetrare un Googlebombing ai danni di Manuela Arcuri, in modo tale che chiunque digiti in Google le parole "son tutte rifatte" si trovi come primo risultato "www.manuelaarcuri.it". E' sufficiente includere in un buon numero di pagine Web il medesimo link:

<a href="http://www.manuelaarcuri.it">"son tutte rifatte"</a>

e sottoporre quelle pagine a Google presso

http://www.google.it/addurl.html (per Google.it)

oppure

http://www.google.com/addurl.html (per Google.com)

Entro breve tempo il Googlebombing avrà effetto.

Il bello è che più è raro e insolito il testo usato come chiave del link, più è piccolo il numero di pagine distinte (e quindi di utenti) che è necessario coinvolgere. In altre parole, è sufficiente un gruppetto limitatissimo di utenti per sovvertire il normale funzionamento di Google. Secondo Newsday

http://www.newsday.com/business/ny-bzgoog1206,0,2339508.story?coll=ny-business-headlines

la burla ai danni di Bush è stata realizzata inserendo il link in non più di una trentina di pagine Web.

L'idea del Googlebombing è a quanto pare di Adam Mathes

http://uber.nu/2001/04/06/

che l'ha concepita e battezzata nel 2001.

Naturalmente non potevano mancare tentativi nostrani di Googlebombing, e uno dei bersagli è stato Silvio Berlusconi, alla cui biografia

http://www.palazzochigi.it/Presidente/Biografia/biografiait.html

si è cercato di associare le parole "miserabile fallimento" e "basso di statura" a fine dicembre 2003.

A quanto pare la cosa ha funzionato per qualche tempo, ma poi è arrivata la contromisura. Infatti dopo il successo iniziale, per cui digitando le parole chiave Google presentava il sito della biografia di Berlusconi, il webmaster del sito ha modificato la pagina citata dal Googlebombing, immettendo nell'HTML della pagina un codice (noindex) che, come spiegato presso

http://www.html-reference.com/META_name_googlebot.htm

ordina a Google e agli altri motori di ricerca di non includere la pagina fra i loro risultati. In pratica, la pagina della biografia di Berlusconi è diventata invisibile e irraggiungibile tramite qualsiasi motore di ricerca, come potete verificare cercandone una qualsiasi frase (per esempio "sviluppare varie iniziative, inserite, come tutte le altre società"). Un rimedio decisamente estremo, insomma.

Eventuali aggiornamenti e approfondimenti di quest'indagine saranno pubblicati presso

http://www.attivissimo.net/antibufala/googlebush/miserabile_fallimento.htm

Ciao da Paolo.



[IxT]2004_01_16 - 012. Antibufala flash: Al Qaeda annuncia gli attentati tramite le catene di sant'Antonio

Questa newsletter vi arriva grazie alla gentile donazione di "sandra.cart****".

Francamente pensavo non fosse necessaria una smentita, ma vista la mole di e-mail di panico che mi stanno arrivando, mi tocca provvedere.

Allora, allora. Sta circolando furiosamente un e-mail, passato incoscientemente di utente in utente, che annuncia attentati di Al Qaeda a Milano il 18 gennaio. Per l'amor del cielo, NON DIFFONDETELO. Caso mai non l'aveste intuito, E' UNA BUFALA.

Il messaggio che circola annuncia che "a MILANO potrebbe essere molto pericoloso usare i mezzi pubblici DOMENICA 18 !!!", perché ci sarebbe 'una cosiddetta "cellula dormiente" di Al Caida [sic] a Milano che avrebbe "pianificato attentati contemporanei nella metropolitana di Milano e/o su mezzi pubblici."

Una cellula terroristica che più che "dormiente" direi proprio rimbambita: infatti "l'azione doveva essere eseguita già nei giorni passati (e qui in Italia nessuno ce l'ha detto!), ma pare che i ripetuti scioperi ATM abbiano disorientato i terroristi, che vorrebbero colpire in un momento di punta." Che ci vuole per sgominare il terrorismo di Al Qaeda? Soldati superaddestrati e bombe intelligenti? Macché: sguinzagliamo gli eroici tramvieri lombardi e il gioco è fatto, come suggerisce un lettore (Giuseppe Gr***).

Ecco perché si fanno tanti scioperi in Italia: per confondere i terroristi. Non ditemi che non l'avevate capito.

Il messaggio prosegue dicendo che "pare a questo punto molto plausibile che l'azione sia stata ripianificata per DOMENICA 18 GENNAIO, dato che il blocco del traffico già stabilito per quella domenica, unitamente ai saldi, riverserebbe una moltitudine di gente sui mezzi pubblici."

"Plausibile"? A chi, di grazia, sembra "plausibile"? Non c'è forse più gente in giro a Milano in un giorno lavorativo qualsiasi anziché la domenica? E come fanno gli anonimi emanatori di quest'allarme a essere così bene informati? Osama bin Laden gli manda le anteprime? "Occhio che domenica faccio un attentato, però non ditelo a nessuno...". Ma per favore!

Volete sapere quali sono le precisissime fonti di questa "notizia"? Secondo l'appello, si tratta di "rivelazioni dell'altro ieri di due testate giornalistiche, una israeliana ed una giordana". Nelle bufale non c'è mai una data, si dice sempre "l'altroieri", così l'appello non scade. Manco a dirlo, non si fanno i nomi delle testate e neppure le date di pubblicazione. Poi si rincara la dose dicendo che "pare che anche la CNN24 ne avesse dato notizia 'fra le righe' ma poi più nulla." Qualcuno mi vorrà spiegare come si fa a dare una notizia di un attentato imminente "fra le righe", ma sorvoliamo.

L'appello prosegue con altre scempiaggini, compresa quella che coinvolge i siti antibufala: "ho anche controllato alcuni siti 'antibufala' in rete, alcuni non ne parlano, altri invece ne sono al corrente ma pare non sappiano ancora cosa pensare dell'allarme e per il momento lo ritengono credibile: quindi meglio almeno passare parola...". Eh già, perché è stranoto che un sito antibufala, quando riceve una diceria, la dà automaticamente per vera e credibile. E quali sarebbero questi siti antibufala che ci credono? Naturalmente non viene detto. Siamo seri.

Anzi, siamo serissimi. Disseminare appelli come questo è totalmente irresponsabile. Non fa altro che seminare il panico senza la benché minima ragione, e quindi fa proprio il gioco dei terroristi. Che bisogno c'è di metter bombe e addestrare kamikaze? Basta mandare in Rete una bufala, tanto ci pensano i gonzi a diffondere il panico spontaneamente, con la scusa patetica e ipocrita del "non so se è vero, ma nel dubbio diffondo". Minimo sforzo, massimo risultato.

Riassumo: il messaggio contiene tutti i classici sintomi di una bufala ben confezionata:

-- usa una datazione relativa ("l'altro ieri") invece di una datazione precisa, in modo che la storia sembri sempre fresca.
-- cerca di acquisire autorevolezza citando "due testate giornalistiche", ma senza dire quali, in modo che sia impossibile controllare.
-- cita una non meglio precisata "CNN24" come altra fonte, ma senza il coraggio di dire che la notizia è stata data: si dice "pare che... fra le righe..."
-- coinvolge i siti antibufala, dicendo che confermano, ma non indica quali lo fanno, in modo da rendere impossibile il controllo.

Volete davvero lasciare che un messaggio così palesemente fasullo decida dei vostri spostamenti e della vostra vita? E se domani ne inizia a circolare un altro che cita Firenze e il 22 gennaio, o un'altra qualsiasi località e data, che fate? E se poi ne arriva un altro, e un altro, e un altro ancora, vi chiuderete in casa per sempre?

Cerchiamo di ragionare un attimo col cervello invece che con il deretano.

Ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_15 - 011. Antibufala: "Mamma sto morendo..." e il giornalista scrive

Questa newsletter vi arriva grazie alle gentili donazioni di "gmacaluso", "enrico.car" e "daniV66".

Con alcune leggere varianti di grafia e di testo, ha preso a circolare uno straziante appello attribuito a una ragazza, vittima di un incidente stradale dovuto all'ubriachezza altrui. Le sue ultime parole sarebbero state raccolte da un giornalista e ora viaggiano in Rete come monito per salvare altre vite. "Queste parole sono state scritte da un giornalista che era presente all'incidente." dice l'appello. "La ragazza, mentre moriva, sussurrava queste parole ed il giornalista scriveva... shoccato. Questo giornalista ha iniziato una campagna contro la guida in stato di ebbrezza. Se questo messaggio é arrivato fino a te e lo cancelli.... potresti perdere l'opportunitá, anche se non bevi, di far capire a molte persone che la tua stessa vita é in pericolo. Questo piccolo gesto puó fare la differenza."

A questo punto inizia il racconto strappalacrime: "Mamma, sono uscita con amici. Sono andata ad una festa e mi son ricordata quello che mi avevi detto: di non bere alcolici. Mi hai chiesto di non bere visto che dovevo guidare, cosí ho bevuto una Sprite."

Terminata la pubblicità occulta, la moribonda prosegue e a un certo punto racconta che "Quando la festa é finita, la gente ha iniziato a guidare senza essere in condizioni di farlo. Io ho preso la mia macchina con la certezza che ero sobria. Non potevo immaginare, mamma, ció che mi aspettava... qualcosa di inaspettato!"

Non c'è male come retorica, vero? Il peggio deve ancora venire: "Ora sono qui sdraiata sull'asfalto e sento un polizziotto [sic] che dice: "il ragazzo che ha provocato l'incidente era ubriaco". Mamma, la sua voce sembra cosí lontana... Il mio sangue é sparso dappertutto e sto cercando, con tutte le mie forze, di non piangere. Posso sentire i medici che dicono: 'questa ragazza non ce la fará'".

E infine, il bagno di lacrime finale: "Di a mia sorella di non spaventarsi, mamma, di a papá di essere forte. Qualcuno doveva dire a quel ragazzo che non si deve bere e guidare... Forse, se i suoi glielo avessero detto, io adesso sarei viva.... la mia respirazione si fa sempre piú debole e incomincio ad avere veramente paura... Questi sono i miei ultimi momenti, e mi sento cosí disperata.... Mi piacerebbe poterti abbracciare mamma, mentre sono sdraiata, qui, morente. Mi piacerebbe dirti che ti voglio bene Per questo..... Ti voglio bene".

Pubblico questa mini-indagine soltanto perché quest'appello è stato un vero tormentone della Rete e così, avendo scelto il mestiere di detective antibufala, mi tocca parlarne (sì, sì, ho voluto la bicicletta e adesso pedalo).

Siamo seri. Una ragazza morente che detta un messaggio alla mamma a un giornalista che casualmente passa di lì? I medici che dicono ad alta voce "questa ragazza non ce la farà"? Una ragazza ferita a morte che si mette a declamare frasi ad effetto con tanto di punto esclamativo? Suvvia, questi sono dialoghi da telenovela, che sminuiscono la vera tragedia dei tanti morti sulle strade d'Italia.

A parte queste considerazioni, c'è ben poco su cui indagare. L'appello non contiene alcuna indicazione utile a verificarlo: non dice né luogo, né data, né nomi delle persone ipoteticamente coinvolte. Non ho alcuna notizia di un giornalista a cui sia capitato un episodio del genere e che ora sia impegnato in una campagna contro l'ubriachezza al volante. Tutto quello che posso dire è che sulla base della totale implausibilità strappalacrime delle frasi attribuite alla ragazza, è praticamente certo che sia una bufala, nel senso che la situazione descritta è un parto della fantasia. Dico "praticamente certo" soltanto per scrupolo, perché formalmente non posso dimostrare il contrario, ma credo che ci siamo capiti.

Vera o falsa, la storia potrebbe avere comunque un valore sociale: il messaggio di non bere quando si guida è comunque socialmente utile. E' da vedere se però il messaggio, confezionato in questa maniera talmente straziante da diventare patetica, verrà recepito o invece ignorato perché stucchevole. Ho tanto l'impressione che chi è così cretino da guidare dopo aver bevuto si ritenga infallibile al volante e quindi quest'appello finisca per non essere ascoltato proprio da chi dovrebbe prestargli attenzione.

Eventuali improbabili sviluppi di quest'indagine saranno pubblicati presso

http://www.attivissimo.net/antibufala/mamma_sto_morendo/rantolo_improbabile.htm

Ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_12 - 010. Attivissimo.net di nuovo accessibile

Dopo la pausa di disattivazione di ieri, il mio sito e il Servizio Antibufala sono di nuovo accessibili digitando "www.attivissimo.net". O perlomeno dovrebbero esserlo: a me funzionano.

Se incontrate problemi nell'accedere, aspettate altre ventiquattr'ore e riprovate: se neppure così riuscite ad accedere al sito digitando "www.attivissimo.net", scrivetemi (topone@pobox.com) e indagherò sulla magagna.

Il sito resta in ogni caso accessibile tramite gli indirizzi alternativi di riserva:

http://www.attivissimo.info

http://attivissimo.homelinux.net

Se siete curiosi di sapere cos'è successo, si è trattato di un problema nel trasferimento della registrazione del dominio "attivissimo.net" da Network Solutions a Gandi.net, resasi necessaria quando Network Solutions ha fatto un pasticcio grazie al quale i link alle sottopagine di attivissimo.net non funzionavano più e non si riusciva più a ripristinare la situazione corretta. Così ho cambiato casa ;-)

Non sorprendetevi se "www.attivissimo.net" vi risulta ancora inaccessibile per la giornata di oggi: i trasferimenti delle registrazioni ci mettono uno o due giorni a propagarsi per tutta Internet, per cui fino a che la propagazione non è completata ci possono essere disservizi. Tutto dipende dal server DNS che usate: alcuni di questi server ricevono gli aggiornamenti prima di altri, per cui un vostro amico o collega che ha impostato un server DNS diverso dal vostro potrebbe vedere il sito e voi no, o viceversa, anche se siete geograficamente vicini. Addirittura, dei due computer che ho qui davanti, uno vede attivissimo.net e l'altro no. Così gira il mondo.

Scusate per il momentaneo disagio.

Ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_11 - 009. Antibufala: lo sbarco sulla Luna è visibile al telescopio?

Questa newsletter vi arriva grazie alle gentili donazioni di "mauro.cro***ni2 e "luigi.amor***".

Come probabilmente già sapete, ci sono molte persone che credono che lo sbarco sulla Luna del 1969 non sia realmente accaduto e sia stata invece una messinscena cinematografica a scopo propagandistico. Fra loro c'è molta gente che non ci crederebbe neppure se la si portasse sulla Luna a vedere coi propri occhi; evidentemente hanno qualche tara psicologica che li induce a voler sminuire il duro lavoro dei tanti scienziati, ricercatori e ingegneri che hanno lavorato e lavorano nel settore aerospaziale. Chissà se credono che anche le missioni del nostro Umberto Guidoni sullo Shuttle sono false, magari girate negli studi Mediaset a scopo propagandistico dal Presidente del Consiglio?

Uno degli astronauti della storica missione Apollo 11, Buzz Aldrin, ha un approccio perlomeno originale al problema. Ormai ultrasettantenne, è tuttora perseguitato da complottisti di ogni sorta che non credono che lui sia andato sulla Luna insieme a Neil Armstrong (Michael Collins, il terzo astronauta della missione, rimase in orbita lunare).

Uno di questi pestiferi individui è Bart Sibrel. A settembre 2002, Sibrel (37 anni) ha affrontato Aldrin brandendo una Bibbia e chiedendogli di giurare su di essa che era davvero andato sulla Luna. Dato che Aldrin, come tutti gli astronauti, ha deciso di non dare corda ai complottisti per non finire invischiato nei loro deliri, la richiesta è stata rifiutata. Così Sibrel lo ha definito in pubblico "ladro, "bugiardo" e "codardo". A questo punto Aldrin lo ha steso con un sinistro da manuale. Il momento clou del filmato della scena (quello completo dura una decina di secondi, ma non l'ho ancora trovato) è a vostra disposizione presso

http://www.attivissimo.info/antibufala/luna/buzz-aldrin-punch-video.mpg

La cosa ironica è che c'è chi insinua che questo filmato non sia autentico e che Sibrel abbia soltanto simulato di aver ricevuto il pugno: come nota la BBC

http://www.space.com/news/aldrin_no_020922.html

Sibrel non ha riportato ferite visibili e non ha richiesto assistenza medica. E se fosse tutta una messinscena? Come fa Sibrel a dimostrare di aver davvero preso un sinistro? Suvvia, che un settantaduenne riesca a stendere un corpulento trentasettenne è molto inverosimile... Insomma, chi la fa, l'aspetti.

Be', a parte questi complottisti duri e puri, che sono comunque fortunatamente un'esigua minoranza, ci sono molte persone semplicemente perplesse. Sentono queste teorie e si chiedono se ci possa essere qualcosa di fondato; si chiedono se non vi sia un modo semplice per smentirle.

Una delle domande più frequenti di questi indecisi è se non si possa semplicemente puntare un telescopio sui punti di allunaggio e vedere le tracce lasciate dagli astronauti. Ci sono novità importanti: forse ora si può.

Fino a poco tempo fa, infatti, nessuno dei telescopi disponibili, compreso il telescopio spaziale Hubble, era sufficientemente potente da poter rilevare gli oggetti lasciati sulla Luna dagli astronauti (apparecchi scientifici, automobili elettriche usate per le esplorazioni a lungo raggio, la sezione inferiore del modulo lunare, eccetera), la cui dimensione massima è dell'ordine di qualche metro.

Il fatto che i telescopi vedano galassie lontanissime, mentre la Luna è praticamente dietro l'angolo, non deve ingannare: senza addentrarmi in calcoli complicatissimi, le dimensioni apparenti degli oggetti lasciati sulla Luna sono minori di quelle dei corpi celesti ripresi così spettacolarmente dai telescopi. Sono sì molto più lontani, ma sono anche molto, molto, molto, molto più grandi.

Un sito Nasa che raccoglie alcune delle più belle foto astronomiche in assoluto contiene una pagina

http://antwrp.gsfc.nasa.gov/apod/ap020628.html

che spiega il problema in questi termini: il telescopio spaziale Hubble ha uno specchio di 2,4 metri di diametro. Con uno specchio di queste dimensioni, l'oggetto più piccolo distinguibile in un'immagine di Hubble, alla distanza della Luna (pari a circa 400.000 chilometri), ha un diametro di circa 80 metri. Il modulo lunare (l'oggetto più grande lasciato sulla Luna) è circa dieci volte più piccolo, per cui per vederlo ci vorrebbe un telescopio spaziale dieci volte più grande di Hubble. La foto mostrata nella medesima pagina mostra il modulo lunare sulla Luna, ma è stata presa dalla capsula Apollo in orbita intorno alla Luna, a soli cento chilometri di distanza.

Ora, però, ci sono speranze che il più grande telescopio ottico del mondo, il Very Large Telescope o VLT

http://www.eso.org/projects/vlt

situato in Cile, ce la possa fare. Il VLT è progettato per raggiungere una risoluzione angolare di 0,001 secondi d'arco alla lunghezza d'onda di 1 micrometro, pari a un angolo di 0,000000005 radianti. Traduzione: il VLT è in grado di vedere un oggetto grande due metri alla distanza Terra-Luna. Questo dovrebbe consentire di vedere chiaramente le basi dei moduli lunari rimasti sulla superficie del nostro satellite, che misurano circa cinque metri di diametro. Secondo il Telegraph del 25 novembre 2002

http://www.smh.com.au/articles/2002/11/24/1037697982142.html

alcuni ricercatori europei avrebbero proprio intenzione di eseguire quest'esperimento.

Non che questo cambierebbe qualcosa per i complottisti, che anzi hanno già messo le mani avanti. Per esempio, lo stesso articolo del Telegraph riferisce che Marcus Allen, editore della rivista britannica Nexus e complottista da tempo immemorabile, afferma che eventuali immagini dei moduli lunari non dimostrerebbero comunque che gli americani misero degli uomini sulla Luna nel 1969. I moduli lunari, pare di capire, secondo lui potrebbero essere stati depositati sulla Luna da sonde automatiche. Certa gente proprio non molla, vero?

Un altro modo per vedere dettagli così minuscoli è avvicinarsi alla Luna: e infatti è in preparazione la prima missione commerciale verso la Luna. Nel 2003 la società privata TransOrbital ha annunciato il lancio di una piccola sonda che, fra le altre attività, avrà anche il compito di fotografare ad altissima risoluzione (un metro per pixel) le zone dove sono atterrati gli astronauti statunitensi e e i veicoli teleguidati sovietici. L'annuncio è qui:

http://www.transorbital.net/TB2k1_C.html

La missione, prevista inizialmente per il 2003, è ora slittata ai "primi mesi del 2004"

http://www.transorbital.net/PressReleases/press030715.html

Dubito comunque che anche questo metterà finalmente a tacere i superscettici: argomenteranno sicuramente che anche le foto della TransOrbital sono false e create magari con l'aiuto di George Lucas.

Se vi interessa approfondire l'argomento e leggere un po' di documentazione sulle teorie dei complottisti, c'è un ottimo articolo (in inglese) nella Wikipedia

http://en.wikipedia.org/wiki/Apollo_moon_landing_hoax_accusations

e una sintesi in italiano nel mio sito:

http://www.attivissimo.info/antibufala/luna/luna_in_sintesi.htm

Ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_11 - 008. Attivissimo.net inaccessibile? Niente panico

Da stasera [anzi dal 10/1] il sito www.attivissimo.net è temporaneamente inaccessibile mentre risolvo la magagna tecnica che l'ha colpito da metà dicembre scorso. Al suo posto potreste trovare il nulla cosmico oppure una schermata di Network Solutions: va bene così, la situazione è sotto controllo (più o meno) e non ci sono sabotaggi in atto.

Tutto il sito, comprese le indagini antibufala, resta disponibile agli indirizzi alternativi:

http://www.attivissimo.info

http://attivissimo.homelinux.net

In pratica, se avete un rimando (link) a una pagina di attivissimo.net, sostituite "www.attivissimo.net" con uno di questi due indirizzi alternativi e il rimando funzionerà come al solito.

La questione si dovrebbe risolvere entro 24-48 ore. Passate quelle, gridate pure con me al PANICO!!

Scusate il disagio. Ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_10 - 007. Caso Armani.it, piccola rettifica

Questa newsletter non vi arriva grazie alla donazione di qualcuno, ma per colpa della mia dabbenaggine.

Infatti nella newsletter di ieri ho infilato un errore tecnico che non cambia il senso del ragionamento ma è comunque un errore e come tale va corretto. Ringrazio "Markus" e "Alex" per avermi ficcato un po' di sale in zucca. Avrei dovuto accorgermene da solo.

La frase incriminata è quella in cui dico che Luca Armani ha registrato il dominio "rmani.it" in modo da poter creare "www.@rmani.it" e dico che "sembra un domain name ma non lo è: è un indirizzo di e-mail." In realtà non è neppure un indirizzo di e-mail.

Mi sono lasciato abbagliare dal fatto che il sito di Luca ha un link "mailto:" (tipico di un indirizzo di e-mail) in corrispondenza dell'immagine grafica "www.@rmani.it" e dove cita i dati del processo riguardante appunto il suo uso di "www.@rmani.it".

Probabilmente il link errato è stato creato automaticamente dal programma usato da Luca per creare la sua pagina Web (FrontPage, stando all'HTML della pagina stessa), che ha visto qualcosa con una chiocciolina in mezzo e l'ha interpretato erroneamente (come me) come un indirizzo di e-mail.

In realtà "www.@rmani.it" è un modo per specificare che si vuole accedere al sito "rmani.it" (_non_ "@rmani.it") usando un login, come capita a volte di vedere nei siti protetti da password. La sintassi abituale, nei siti protetti da password, è

http://nomeutente:password@www.nomesito.it

ma Luca ha scelto di omettere la password e ha scelto un inconsueto "www." come nome utente per il login, creando l'impressione che "www.@rmani.it" sia il nome di un sito.

Resta comunque il fatto che giocare così con le regole di sintassi di Internet è un trucchetto decisamente ingannevole al quale abboccherà la gran parte degli utenti della Rete, confermando il già citato "intento confusorio".

Insomma, bravo Luca che mi hai preso in castagna, però sei un gran casinista!

Ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_09 - 006.
Caso Armani.it, qualche dato per giudicare

Questa newsletter vi arriva grazie alla donazione straordinaria di "decsa54".

Il mio commento al caso Armani.it

http://www.apogeonline.com/webzine/2004/01/07/01/200401070101

ha sollevato un bel putiferio. Purtroppo non posso rispondere individualmente a tutti coloro che mi hanno scritto, per cui raggruppo qui le mie risposte alle principali obiezioni e precisazioni ricevute, e soprattutto aggiungo un chiarimento mancante nella prima versione pubblicata dell'articolo, che ho già chiesto di rettificare ad Apogeonline.

Comincio con il chiarimento. Come giustamente ha notato un lettore (g.bonacci), nell'articolo ho detto che Luca Armani ha registrato "@rmani.it". Questo non è vero: ha registrato il dominio "rmani.it" (che è anch'esso diverso dal suo cognome), in modo da poter creare "www.@rmani.it", che sembra un domain name ma non lo è: è un indirizzo di e-mail. Questo crea ulteriore confusione, tant'è che ci sono cascato anch'io.

Una delle domande più frequenti è che diritto abbia Giorgio Armani di registrare (o farsi cedere) un dominio contenente la parola "armani". La casa di moda si chiama "Giorgio Armani Spa", tutti conosciamo "Emporio Armani", ma "armani" e basta sembra semplicemente il cognome dello stilista. Dunque perché assegnarlo a Giorgio e non a Luca, visto che sono entrambi portatori del medesimo cognome?

Le cose non stanno così. Infatti anche la parola "Armani", da sola, è un marchio registrato di Giorgio Armani. Lo si trova chiaramente indicato nel database dei marchi statunitense:

http://tess2.uspto.gov/bin/gate.exe?f=tess&state=hbnb8i.1.1

dove basta immettere "armani" per vedere tutti i marchi registrati contenenti il celebre cognome. In particolare, il marchio "armani" (senza "Giorgio" o "Emporio" o altri accessori), numero di serie 75233611, è stato usato commercialmente per la prima volta il 13/2/1984 ed è di proprietà della GA Modefine S.A. Company, in Svizzera. Lascio a voi intuire per che cosa sta "GA".

Altra obiezione ricorrente: se suggerisco che Luca Armani avrebbe dovuto registrare "timbrificioarmani.it" o "timbrificiolucaarmani.it" o "lucaarmani.it", allora la Giorgio Armani Spa avrebbe dovuto registrare "giorgioarmani.it".

Infatti così ha fatto: basta consultare il servizio whois per scoprire che anche "giorgioarmani.it" è intestato a Giorgio Armani SPA, e per la precisione è stato creato il 24/4/1998, data in cui anche "giorgio-armani.it" è stato creato e intestato a Giorgio Armani Distribuzione SRL.

Il nome di dominio "emporio-armani.it" è intestato a Giorgio Armani SPA ed è stato creato il 6/4/2000: fra l'altro nel sito corrispondente trovate un inglese esilarante nella sua sgrammaticatura. Possibile che non abbiano trovato un traduttore decente che sappia che "shoot" è un verbo irregolare e al passato non fa "shooted" ma "shot"?

Dilettantismi a parte, è evidente che Giorgio Armani, come del resto qualsiasi società che ambisce a farsi trovare su Internet, ha cercato di registrare tutte le combinazioni di parole che più plausibilmente un utente poteva digitare in un browser nel cercare il sito della sua casa di moda senza saperne il nome preciso; essendo anche detentore del marchio "armani", ha logicamente cercato di registrare anche "armani.it", trovandosi però battuto sul tempo da Luca.

Spulciando whois si trova anche un altro caso conteso riguardante Giorgio Armani: il nome "emporioarmani.it" (senza trattino) è infatti intestato a Call Center Solutions SRL ed è stato creato il 24/1/2000. Whois lo indica come "valore contestato" il 14/4/2000: potete intuire cosa è successo. La Giorgio Armani SpA è presumibilmente in lite con la Call Center Solutions Srl, che avrà penso un bel daffare a spiegare le ragioni del suo uso di "emporioarmani.it" come nome del proprio sito (ora inaccessibile). Come vedete, di piranha che circolano intorno alla ricca multinazionale ce ne sono tanti.

Tornando a Luca, whois nota anche che "timbrificioarmani.it", "lucaarmani.it" e "timbrificiolucaarmani.it" sono liberi. Non è chiaro se sono liberi perché nessuno (Luca in particolare) li ha chiesti o se qualcuno ha cercato di registrarli e la Giorgio Armani Spa si è opposta.

Parlando dell'altro caso Armani, ossia quello che la multinazionale ha perso nei confronti del canadese Anand Ramnath Mani (titolare di "armani.com"), segnalo l'articolo di Anna Masera, de La Stampa, che trovate citato insieme a molti altri casi interessanti di dispute sui nomi di dominio presso

http://we.register.it/domains/bad_identity.html

L'articolo della Masera rivela un dettaglio curioso: "Mani dichiara di aver ricevuto un'offerta misera per togliersi di torno, solo 750 dollari, una somma che non avrebbe ricoperto nemmeno i costi dei suoi biglietti da visita e della carta da lettere intestata." Emerge anche un'altra differenza fra il caso canadese e quello italiano: nel caso di "armani.com", la decisione è passata attraverso una commissione legale dell'Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (Wipo), che fa capo alle Nazioni Unite, non attraverso un tribunale nazionale. Per non parlare del curioso caso di "armani.org", che è già "registrato da un'associazione religiosa di una omonima signora francese dal nome Mireille", cosa non confermata però dai dati attuali di whois.

La serie dei piranha che bersagliano Giorgio Armani non finisce certo qui. A parte il caso "armani-sunglasses.com" citato sempre dalla Masera (nome registrato dalla ditta americana Aes Optics, con causa che nel giugno 2000 si è conclusa a favore dello stilista), è interessante spulciare il sito del WIPO dove sono pubblicate tutte le dispute riguardanti i nomi di dominio: c'è anche il caso di "giorgio-armani.net", che era stato registrato da un giapponese, il quale si è giustificato dicendo che si trattava "del nome del suo cane":

http://arbiter.wipo.int/domains/decisions/html/2001/d2001-0309.html

o se preferite c'è il caso di "armani-giorgio.com", registrato dalla Nonsolomoda NV delle Antille Olandesi:

http://arbiter.wipo.int/domains/decisions/html/2001/d2001-0308.html

Eccetera, eccetera, eccetera. Come vedete, basta che un rompiscatole qualsiasi si svegli la mattina e si registri un dominio corrispondente a un marchio famoso per obbligare il legittimo detentore di quel marchio ad attivare tutta la complessa e costosa trafila burocratica di un ricorso davanti alla WIPO. C'è di che tenere occupato il reparto legale della Giorgio Armani SpA notte e dì, con tutti i costi che ne conseguono. E' giusto questo? Siete ancora dell'idea che "chi primo arriva meglio alloggia", anche se il "primo" è il cane di un giapponese che guarda caso si chiama "Giorgio Armani" (il cane, non il giapponese)?

Di fronte a un attacco così continuo, che investe, sia chiaro, aziende di tutti i settori, come potete vedere sfogliando le pagine del WIPO

http://arbiter.wipo.int/domains/cases/2001/d0200-0399.html

è abbastanza comprensibile che gli avvocati, vedendo "armani.it" registrato da Luca, partano in quarta pensando "ecco un altro rompiscatole" e non si siano penati di tentare l'approccio soft. Voi cosa fareste, se la ditta bersagliata fosse la vostra?

Diciamo le cose come stanno: gran parte dell'opinione è a favore di Luca perché dall'altra parte c'è uno stilista, un simbolo del futile e del frivolo, e per di più ricco. Ma cercate di non guardare la questione dal punto vista del "forte contro debole": se contro Luca ci fosse un altro piccolo imprenditore che fa fatica a campare, come la pensereste? Se foste voi i titolari di un'azienda che avete fatto crescere con fatica e arrivasse uno che vi batte sul tempo e registra un nome di dominio che è un vostro marchio, come la pensereste? Non vi verrebbe il dubbio che si voglia speculare sulla vostra fatica?

C'è oltretutto la questione di "rmani.it". Dai dati whois risulta che "rmani.it" è stato registrato da Luca il 21/11/2001, quindi dopo l'inizio del processo. Trovo difficile pensare che si tratti di qualcosa di diverso da un gesto di ripicca che c'entra poco con il "diritto al cognome" (Luca non si chiama Rmani) ma c'entra molto con quell'intento confusorio descritto dagli avvocati della Giorgio Armani Spa.

Va chiarito, già che siamo in tema di cognomi, che nessuno vuole "togliere il cognome" a Luca o agli altri Armani d'Italia. "Togliere il cognome" è una bella frase ad effetto, ma non coincide neppure lontanamente con la realtà. Anche se la Spa vince la causa anche in appello, Luca Armani continuerà a fregiarsi del proprio cognome e di certo nessuno gli imporrà di cambiarlo.

Molti lettori hanno ritenuto ingiusto che nessun signor Giorgio Armani qualunque possa oggi registrarsi un nomecognome.it o nomecognome.com in quanto lo stilista se li è presi entrambi. Forse ci si dimentica che per i nomi propri di persona esiste oggi (ai tempi non c'era) l'apposita gerarchia ".name". Certo, nascerebbero poi le dispute su quale dei vari Giorgio Armani d'Italia debba meritarsi la titolarità di "giorgioarmani.name": ma sarebbe interessante vedere come cambierebbe l'opinione pubblica di fronte a una lotta fra due cittadini omonimi anziché fra un "forte" e un "debole".

C'è anche chi obietta che Luca fa bene a resistere "per principio". Ma lo stesso concetto si può ben applicare anche alla controparte. Bersagliata in continuazione, la Giorgio Armani Spa avrebbe perfettamente ragione nel dire che "per principio" con i cybersquatter non si tratta.

C'è un'altra considerazione importante da fare nel chiarire la posizione di Luca, conteso fra innocentisti e colpevolisti. Sono andato a spulciare le regole di naming (ossia le regole di assegnazione dei nomi di dominio) per la gerarchia ".it" in vigore all'epoca in cui Luca registrò "armani.it", ossia il 24 ottobre 1997 (secondo i dati riportati da whois):

http://www.nic.it/NA/archivio/regole-naming-v12.txt

Da queste regole cito il paragrafo B.0.1, che Luca in teoria dovrebbe aver letto prima di procedere alla registrazione di "armani.it":

"Il nome a domini [sic] richiesto per la registrazione di una entita' non deve essere fuorviante ne [sic] indurre casi di possibile ambiguita' conaltre entita'."

A mio avviso, "armani.it" è "fuorviante" e crea senz'altro "ambiguità".

La Registration Authority italiana non ha fatto obiezioni alla registrazione di Luca perché (B.0.12) "non rientra nei compiti dalla RA Italiana stabilire il diritto all'uso di un marchio o di un nome registrato all'interno di un nome a domini. Tenendo conto della natura differente ed autonoma di un nome a domini (come specificato nel paragrafo B.0.6) rispetto ad ogni altro oggetto, sara' compito della  entita' richiedente il nome a domini accertarsi del diritto all'uso in campi differenti del marchio o nomeregistrato stessi. La RA Italiana si limitera' a segnalare, come stabilito nella sezione D.1 gli eventuali possibili casi di ambiguita' alle parti."

In altre parole, spettava a Luca assicurarsi di avere diritto ad usare il marchio "armani".

Oltretutto i consigli della RA (sezione F) parlano chiaro: "chi richiede un proprio nome a domini deve autonomamente accertarsi che il nome richiesto sia disponibile, e che esso non possa creareambiguita' o possibili contestazioni da parte di altre entita'. I nomi a domini infatti non sono soggetti alla regolamentazione dei "marchi registrati", in quanto sono oggetti diversi da questi, ma e' perfettamente ammissibile che una entita' possa vedersi contestato il nome scelto per motivi che esulano dai requisiti tecnici e amministrativi specificati da questo documento."

Che sia un cybersquatter o meno, Luca non poteva non sapere (o avrebbe dovuto sapere) che registrando "armani.it" violava un marchio conosciutissimo. O almeno porsi il dubbio. Come mai non se lo è posto? E' semplicemente un ingenuo così disinformato da non conoscere l'esistenza della casa di moda Armani?

Voleva speculare e quindi farsi dare un pacco di soldi dalla Giorgio Armani SpA? Non mi risulta che ci sia stata alcuna sua richiesta in tal senso, e Luca accenna oggi sul suo sito a un "assegno circolare di 125.000 euro che voleva donarmi [la Giorgio Armani Spa] nonostante mi ritenesse colpevole" e che Luca avrebbe rifiutato. Se confermato, questo gesto sembrerebbe escludere l'ipotesi del cybersquatting a fini economici.

Forse, più semplicemente, Luca aveva pensato di sfruttare la popolarità di Giorgio per attirare visitatori al suo sito e vendere qualche timbro in più, ma gli è andata buca. Si tratta comunque soltanto di ipotesi per tentare di dare una spiegazione a un caso davvero bizzarro.

Spero di avervi dato un quadro d'informazioni più ampio con il quale giudicare la vicenda.

Grazie di aver letto fin qui e ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_08 - 005.
Il caso Armani.it

Questa newsletter vi arriva grazie alle donazioni di "ippocrate" e "limacameri".

Visto che in molti mi avete chiesto un parere sul caso Armani.it, che vede contrapposti un timbrificio che detiene il nome di dominio armani.it e la multinazionale della moda di Giorgio Armani che vuole del dominio per sè, ho scritto un articoletto in proposito. Attenzione: è un'opinione che potrebbe non piacervi. Non odiatemi troppo.

L'articolo è qui:

http://www.apogeonline.com/webzine/2004/01/07/01/200401070101

Approfitto di questa brevissima newsletter per un paio di "comunicazioni di servizio":

-- Lo so, lo so, attivissimo.net funziona ancora male: tutti i link alle sottopagine che trovate in giro portano per errore alla pagina principale del sito. La colpa non è mia: sto litigando con Network Solutions per riprendermi il controllo del dominio e trasferirlo a un fornitore più affidabile. Datemi tempo.

-- Avviso per i paranoici: dalla prossima newsletter in poi userò Mozilla Thunderbird come programma di posta, per cui non stupitevi e non sospettate attacchi informatici soltanto perché avete notato che da tempo la newsletter arriva da "LCARS Mail Subsystem Version 5.2.1" (che è in realtà Eudora travestito) e d'ora in poi arriva da Mozilla Thunderbird. Il passaggio a Thunderbird mi serve per attivare finalmente i filtri antispam bayesiani, visto che ricevo quasi un centinaio di messaggi di spam al giorno, e per completare la migrazione a Linux dell'ultima macchina Windows rimasta (il laptop).  Il tutto serve anche per un capitolo del nuovo "Da Windows a Linux" che lentamente comparirà online nei prossimi mesi.

Ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_03 - 004.
Antibufala: David Copperfield vi legge nel pensiero!

Questa newsletter vi arriva grazie alla donazione straordinaria di "bruno.us**".

Sta circolando un e-mail accompagnato da una presentazione PowerPoint che mostra un caso di "lettura del pensiero" effettuata tramite computer nientemeno che dal famoso prestigiatore David Copperfield.

Dopo una serie di schermate che creano suspense -- o noia, a seconda della vostra tolleranza per le presentazioni PowerPoint -- con parole di presentazione ("Tra poco, Lei entrera’ in un mondo magico..", "Tra pochissimo...", "...Lei sara’ testimone di qualcosa di molto speciale.", "Sara’ testimone... ", "Di una sorprendente illusione...", "...l’illusione di David Copperfield."), finalmente viene spiegato in cosa consiste l'esperimento.

"Nonostante questo sia un programma normalissimo, Lei vedra’ che... Io posso, attraverso lo schermo, leggere i suoi pensieri. Di fronte a lei ci sono 6 carte diverse. Pensi ad una di queste. La pensi solamente. Non la tocchi ne’ faccia click su di essa. Posso trovare quella carta nella sua mente. La pensi un attimo."

La schermata mostra appunto sei carte, tutte figure (re, regine e fanti), fra le quali le istruzioni di "Copperfield" vi invitano a fare la vostra scelta.

La suspense prosegue con altre due schermate di pura atmosfera: "Adesso, mi guardi fisso negli occhi e si concentri sulla sua carta...", "Io non la conosco, Non ho potuto vedere quello che ha scelto...ma so esattamente la carta che e’ nella sua mente..." e finalmente si compie il trucco: nella schermata successiva, la carta che avete pensato è scomparsa.

"Guardi! La sua carta non c'è più!!... Sorpreso? Ci vediamo!". E fin qui tutto bene: un gioco di prestigio tutto sommato simpatico (spiegato più sotto). Poi, però, iniziano le minacce: "Le restano 7 giorni di vita dopo aver visto questo messaggio............oppure lo spedisca a quelli che non credono in me.....". E qui scatta la bufala.

Non prestate ascolto alla maledizione lanciata da "David Copperfield" e non diffondetela per paura: al massimo fatelo perché vi ha divertito. A parte il fatto che il famoso prestigiatore non c'entra nulla con questa presentazione PowerPoint, il gioco di prestigio che avete visto non è affatto una dimostrazione di poteri straordinari veicolati dal computer. Può sembrarvi una precisazione superflua, ma non avete idea di quanta gente crede a queste cose.

Il gioco di prestigio funziona grazie a uno stratagemma molto semplice ed elegante: le schermate di "atmosfera" e la scelta specifica delle carte con figure (fante, regina, re) servono a distrarvi dal fatto che nessuna delle carte mostrate nella prima schermata compare nella seconda. Pertanto qualsiasi carta scegliate, il trucco ha successo.

Non arrabbiatevi ora che sapete quant'è semplice il giochetto: l'arte del prestigiatore consiste proprio nel prendere un effetto semplice e renderlo spettacolare. Non è una questione di intelligenza o di titolo di studio, ma di sapiente uso della psicologia umana di base.

Ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_03 - 003.
Antibufala: lo spam spiegato da Libero

Sono giunte al Servizio Antibufala numerosissime richieste di chiarimento riguardanti un inquietante articolo pubblicato dal quotidiano "Libero" il 2 gennaio 2004, a firma di Fabio Santini, nel quale un dirigente Microsoft e un sedicente "specialista nei sistemi di sicurezza" che risponde all'improbabile nome di Paolo Attivissimo fanno alcune dichiarazioni totalmente deliranti -- si presume citate testualmente, essendo perlopiù scritte fra virgolette -- su come difendersi dallo spam (la pubblicità indesiderata diffusa via e-mail).

In ossequio al diritto d'autore, non riporto qui il testo integrale dell'articolo ma soltanto le sue parti più significative ai fini dell'indagine antibufala:

--- inizio citazione ---

[...] Secondo George Webb, dirigente dell'area business di Microsoft, nel 2001 [lo spam] rappresentava l'8% delle e-mail, mentre oggi è intorno al 50% e ha crescite del 20% al mese. [...]
Come proteggersi? Fra i tanti ci prova Paolo Attivissimo, specialista nei sistemi di sicurezza della rete [...]. Dall'Inghilterra, dove vive, traccia l'identikit dello spammer professionista: "[...] non si preoccupa di difendersi con improbabili anonimati. Anzi. Si organizza in gruppi come le 'spamhaus'. Tiene d'occhio il mercato e tratta, guadagnando. [...] Allo spammer serve che qualche milione di utenti di Internet abbocchi all'offerta. E lui si è già ripagato l'investimento."
"[...] E lui ha il vostro indirizzo di posta -- continua Attivissimo -- perché usa pagine che esplorano la rete e cercano qualsiasi cosa che becchi la chiocciolina".
[...] "Se si partecipa a un forum o a un newsgroup, bisogna cammuffarsi [sic]. Un esempio, il più usato: mario.mutande@libero.it. E aggiungete: se mi vuoi scrivere, toglimi le mutande."
[...] "Oggi però l'attività dello spammer volge al tramonto. I grandi provider hanno incominciato a produrre siti antispam" dice Attivissimo.
[...] "Tuttavia -- conclude Attivissimo -- questo periodo che precede il tracollo è quello più pericoloso, perché gli spammer si scateneranno. Microsoft ha pensato a sistemi antispam e sono già disponibili i cosiddetti filtri bayesiani integrabili a quelli di Microsoft. Grazie a questi dispostivi [sic], se in un messaggio, la parola 'viagra' appare più volte, se vi è una dissennata punteggiatura e un'overdose di punti esclamativi, quello è opera dello spammer e i filtri agiscono."

--fine citazione--

Vista la data di pubblicazione (2 gennaio), i ragionamenti sconclusionati e le parole in libertà, è facile pensare che si tratti di dichiarazioni rilasciate sotto l'influsso di una oceanica sbornia di capodanno. Ma come è tradizione del Servizio Antibufala, per scoprire la verità occorre andare oltre le apparenze.

Il primo sintomo che vi sia qualcosa di sospetto nell'articolo è la dichiarazione attribuita a George Webb: "nel 2001 [lo spam] rappresentava l'8% delle e-mail, mentre oggi è intorno al 50% e ha crescite del 20% al mese." Un semplice conto ci dice che al ritmo del 20% al mese, partendo dal 50%, in capo a due mesi e mezzo (diciamo a metà marzo) tutta la posta che riceviamo dovrebbe essere spam.

Questo, paradossalmente, risolverebbe il problema dello spam, dato che a quel punto non ci sarebbero più messaggi utili e quindi potremmo fare del tutto a meno di scaricare la posta di Internet. Da metà marzo 2004, quindi, si presume che torneremo ai piccioni viaggiatori e alle missive sigillate con la ceralacca.

Curiosamente, la straordinaria affermazione di Webb (che da una ricerca in Google risulta essere effettivamente un rappresentante di Microsoft) è reperibile in Rete soltanto presso

http://www.promoforum.com/news/news.asp

dove compare un articolo datato 3 gennaio 2004, che però ricalca pari pari numerosi passaggi dell'articolo di Libero senza citarne la fonte e quindi ha l'aria di essere stato copiato poco galantemente dal pezzo di Santini, non costituendo pertanto conferma affidabile.

La dichiarazione di Webb compare in alcuni altri siti, come

http://www.enn.ie/frontpage/news-9383684.html

ma stranamente priva della parte contestata riguardante il 20% di crescita mensile.

Il sospetto di una trascrizione poco fedele aumenta quando si vanno a verificare le affermazioni attribuite a Paolo Attivissimo, cosa peraltro piuttosto facile, dato che (come avranno già intuito i lettori più attenti e perspicaci) Paolo Attivissimo sono io.

Le cose stanno così. L'articolo nasce da un'intervista telefonica di 26 minuti (fa fede il log del mio cellulare) fatta martedì 30 dicembre 2003, quindi in tempi antecedenti eventuali sbronze di fine anno. Durante l'intervista non ho pronunciato nessuna delle frasi virgolettate, che sono invece un'interpretazione soggettiva ed errata di quanto ho detto effettivamente nella telefonata.

Sì, amici, lo so che può essere difficile crederci, dato che a scuola ci hanno sempre insegnato che le virgolette servono per il discorso diretto, ossia indicano la trascrizione fedele delle esatte parole di chi parla, ma nel giornalismo italiano esiste il diffusissimo vezzo di usarle per adornare una libera interpretazione di quello che il giornalista vuole o ritiene di aver capito o sentito: quello che è successo a me ne è una dimostrazione inequivocabile. Tenetelo presente, la prossima volta che leggete qualche dichiarazione esplosiva del personaggio politico di turno.

Insomma, basta leggere le mie pagine antispam

http://www.attivissimo.info/antispam/antispam.htm

per capire che non sono così stupido da dire che lo spammer "si organizza in gruppi come le 'spamhaus'". Spamhaus, come ho spiegato a Santini per telefono, è il nome di una delle più rinomate organizzazioni antispam. E' un po' come farmi dire che la mafia si organizza in gruppi chiamati "commissariati di polizia".

Di certo non ho mai detto che "allo spammer serve che qualche milione di utenti abbocchi all'offerta". Ho detto esattamente il contrario: lo spammer manda milioni di messaggi al giorno, e per guadagnare gli basta che una decina di quei milioni, ossia una percentuale infinitesima, abbocchi all'offerta.

Nell'intervista non ho detto che lo spammer si procura gli indirizzi degli utenti usando "pagine che esplorano la rete". Lo so benissimo che le pagine non esplorano la Rete, esattamente come le pagine di un libro non esplorano una biblioteca: sono i _programmi_ ad esplorare la Rete a caccia di indirizzi, così come sono i bibliotecari ad esplorare le biblioteche alla ricerca di un titolo.

Inoltre non ho detto a Santini che "i grandi provider hanno incominciato a produrre siti antispam". Non si tratta di siti, ma di _filtri_. La differenza è sostanziale: un sito è un componente passivo di Internet, come una pagina di giornale; un filtro è un componente attivo, come un lettore che cerca di capire il senso di un articolo anche quando non ne ha.

E naturalmente nell'intervista non ho detto che i filtri bayesiani, descritti tempo addietro in un mio articolo presso

http://www.apogeonline.com/webzine/2003/05/28/01/200305280101

sono "integrabili a quelli di Microsoft". La frase è totalmente ingannevole, perché fa sembrare che io dica che i filtri bayesiani (una delle poche buone armi contro lo spam) siano un'esclusiva Microsoft, quando in realtà sono disponibili anche in molti programmi alternativi realizzati dalla comunità del software libero, come Mozilla Thunderbird.

Per finire, se vi state chiedendo cosa diamine siano quei rantoli sul beccare le chioccioline e togliersi le mutande per scrivere, la spiegazione è questa.

Per la chiocciolina, ho spiegato a Santini come fa uno spammer a procurarsi indirizzi: usa un programma che sfoglia le pagine di Internet e i newsgroup alla ricerca di qualsiasi porzione di testo che contenga il simbolo "@". Quando la trova, la copia insieme alle lettere che la precedono e la seguono e la considera come un indirizzo da includere nell'elenco di vittime da spammare. Per esempio, se io scrivo qui tivenisse.uncolpo@spammerfetente.it, state certi che il programma di uno spammer prima o poi passerà di qui e si copierà questo falso indirizzo, includendolo nel proprio elenco di destinatari. E' un concetto leggermente diverso dal beccare la chiocciolina, vero?

Per quanto riguarda il togliersi le mutande, ho descritto a Santini il classico metodo antispam (di modesta utilità) che consiste nel pubblicare il proprio indirizzo di e-mail alterandolo tramite l'inserimento di una parola o di una sequenza di lettere e numeri e accompagnandolo con istruzioni (incomprensibili per un programma automatico raccogli-indirizzi, ma chiare per una persona) su come ricostruire l'indirizzo corretto. Per esempio, potrei alterare topone@pobox.com in toponetravisato@pobox.com e aggiungere in fondo al messaggio o alla pagina Web l'istruzione "per scrivermi, togli 'travisato'". Quelli che si ritengono spiritosi usano "mutande" come parola da inserire, in modo che le istruzioni diventino "per scrivermi, togli le mutande". Tutto qui. Questo concetto è diventato "Se si partecipa a un forum o a un newsgroup, bisogna cammuffarsi [sic]. Un esempio, il più usato: mario.mutande@libero.it. E aggiungete: se mi vuoi scrivere, toglimi le mutande." Chiaro?

Morale della favola? Ho naturalmente contestato questi errori al giornalista di Libero, ma l'esperienza mi dice che le probabilità che il quotidiano pubblichi una rettifica sono miserrime. Ormai la figuraccia è fatta. Che mi serva di lezione.

Pubblico pertanto questa smentita un po' per riderci sopra, un po' per raccontare come stanno davvero le cose, ma anche per mettervi in guardia. Diffidate del virgolettato negli articoli di giornale: anche se sembra incredibile che il giornalismo si possa abbassare a simili scorrettezze, non è affatto garantito che il virgolettato sia quel che è stato davvero detto.

L'indagine completa e i suoi sviluppi sono a vostra disposizione presso http://www.attivissimo.info/antibufala/libero_spammer/intervista.htm.

Ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_02 - 002.
Antibufala flash: l'intervista su Libero

La faccio breve, e rimando a domani i tristi dettagli: se qualcuno ha avuto la disavventura di imbattersi in una mia intervista sul giornale Libero di oggi 2/1/2004, in un articolo a firma di Fabio Santini, e ha avuto la sensazione che io abbia esagerato non poco con lo spumante prima di rilasciare le dichiarazioni che mi vengono attribuite, si tranquillizzi: io ero perfettamente sobrio. Semplicemente, gran parte delle cose palesemente errate che mi vengono messe in bocca con tanto di virgolette, come se fossero una citazione testuale, non le ho mai dette.

Adesso vado ad affilare la tastiera.

Ciao da Paolo.


[IxT]2004_01_02 - 001.
Antibufale aggiornate: biro spaziali e cellulari esplosivi

Questa newsletter vi arriva grazie alle donazioni di "visconti" e "fabiogo**a".

Cominciamo l'anno nuovo con un paio di aggiornamenti a due antibufale di qualche tempo fa. Forse avete sentito un aneddoto che circola da anni, secondo il quale la NASA, alle prese col problema di scrivere nello spazio in assenza di peso, avrebbe speso milioni di dollari per realizzare una biro col serbatoio d'inchiostro pressurizzato. Senza la pressurizzazione e senza la gravità a farlo scendere, infatti, l'inchiostro non scorreva verso la punta e quindi la biro non scriveva.

Secondo l'aneddoto, gli ingegneri sovietici, dovendo risolvere lo stesso problema, usarono la loro proverbiale semplicità: diedero ai cosmonauti una matita.

La storiella è simpatica ma non è autentica: infatti sia gli americani, sia i russi hanno da sempre usato le matite, alternandole talvolta con biro pressurizzate, che però non sono state pagate milioni di dollari dalla NASA ma praticamente donate da un imprenditore americano. L'intera storia è chiarita qui:

http://www.attivissimo.info/antibufala/biro_spaziale/biro_spaziale.htm

La novità è che si è scoperto che non occorre affatto una biro particolare per scrivere nello spazio: basta una normalissima penna a sfera. A fine ottobre 2003, l'astronauta Pedro Duque ha condotto un esperimento informale a bordo di una navicella Soyuz: è riuscito a scrivere i propri appunti, compresa l'annotazione che cito qui sotto (tratta da http://www.esa.int/export/esaCP/SEM9YN7O0MD_index_0.html), usando una comune biro commerciale.

-----23 ottobre 2003 - Sto scrivendo questi appunti a bordo della Soyuz usando una penna a sfera da quattro soldi. Perché è importante questa cosa? Si dà il caso che lavoro nei programmi spaziali da diciassette anni, undici dei quali trascorsi come astronauta, e ho sempre creduto, perché così mi hanno sempre detto, che le normali penne a sfera non funzionassero nello spazio.

"L'inchiostro non scende" dicevano. "Prova un attimo a scrivere sottosopra con una penna a sfera e vedrai che ho ragione" dicevano. Durante il mio primo volo, portai con me una di quelle costosissime penne a sfera con serbatoio d'inchiostro pressurizzato, come fanno gli altri astronauti dello Shuttle. Ma l'altro giorno ero con il mio istruttore per la Soyuz, e ho visto che stava preparando i libri per il volo e che stava attaccando una penna a sfera a un pezzo di spago in modo che potessimo scrivere una volta arrivati in orbita. Notando il mio sbigottimento, mi disse che i russi usano da sempre le penne a sfera nello spazio.

Così anch'io ho preso una delle nostre penne a sfera, per gentile concessione dell'Agenzia Spaziale Europea (nella remota ipotesi che le penne russe fossero speciali), ed eccomi qua: non smette affatto di funzionare e non "sputacchia" né causa altri problemi. A volte essere troppo cauti ti impedisce di fare qualche prova e quindi si costruiscono cose più complicate del necessario.-----

La cosa probabilmente non riveste alcun interesse pratico per la maggior parte di noi, che non possiamo ancora permetterci i 20 milioni di dollari necessari per un viaggetto privato nello spazio, ma so che fra di voi ci sono appassionati di spazio e tecnologia come me e quindi ho pensato la cosa potesse interessarvi lo stesso, almeno come curiosità. Oltretutto è consolante sapere che grazie alla scoperta di Duque, non dobbiamo aggiungere alla spesa del biglietto anche l'esborso per la biro pressurizzata: ora sì che i viaggi spaziali sono più abbordabili...

A proposito invece di cellulari esplosivi, ricorderete forse l'appello-bufala che circolava qualche mese fa, secondo il quale sarebbe pericolosissimo usare il cellulare mentre si fa benzina: il semplice squillo del telefonino farebbe incendiare i vapori di carburante, e la Shell avrebbe informato di tre incidenti di questo genere. Non è vero e non vi è alcuna conferma di incidenti di questo genere.

L'intera storia è spiegata presso

http://www.attivissimo.info/antibufala/cellulari_esplosivi/cellulari_esplosivi.htm

e si arricchisce ora di un paio di novità importanti. La prima è che anche senza la presenza di vapori di benzina, alcune batterie di cellulari sono soggette a esplodere spontaneamente in particolari circostanze. Un comunicato stampa dell'associazione di consumatori Altroconsumo (http://www.altroconsumo.it/map/show/305/src/39271.htm) afferma infatti che il problema riguarda sia le batterie non originali, sia quelle della casa produttrice del cellulare, se prive dell'apposito dispositivo antiscoppio.

Altroconsumo e Test-Achats hanno infatti condotto un test che ha dimostrato che vi sono batterie anche originali che "causa l’assenza del dispositivo che interrompe la corrente in caso di cortocircuito, si surriscaldano e possono, in determinate circostanze, esplodere... Già recentemente si era avuta notizia di esplosioni e incidenti su telefoni gsm Nokia in Europa, Asia e Australia, ma la tesi del produttore era stata quella di attribuire la responsabilità degli incidenti all’utilizzo di ricambi non originali. Il test realizzato da Altroconsumo e Test-Achats, invece, ha preso in analisi batterie originali Nokia, testate in un laboratorio indipendente."

Per il consumatore non è affatto facile capire se la batteria che ha acquistato è dotata o meno di dispositivo antiscoppio, ma questo esula dall'indagine antibufala. Quel che conta ai fini dell'indagine è che un cellulare può effettivamente esplodere, ma soltanto se si produce un corto circuito nella sua batteria e la batteria è una di quelle prive di dispositivo antiscoppio. Se l'esplosione si verificasse in un ambiente saturo di vapori di benzina, potrebbe causarne l'innesco.

Questo rende ancor più valido il consiglio originale: quando fate benzina, lasciate il cellulare in auto, o meglio ancora, spegnetelo, ma prima di arrivare alla stazione di rifornimento.

C'è però ovviamente una bella differenza fra un cellulare che esplode in mezzo ai vapori di benzina e un cellulare che semplicemente squilla nelle medesime condizioni, come descritto nell'appello-bufala. Per esserne sicuri, nel programma televisivo inglese Brainiacs è stato condotto un esperimento singolare, riferito da The Inquirer (http://www.theinquirer.net/?article=13339) a dicembre 2003: gli sperimentatori hanno riempito una vecchia roulotte di benzina e vapori di benzina e poi vi hanno immesso sei cellulari e li hanno fatti squillare ripetutamente. Non è successo nulla. Allora hanno infilato nella roulotte un capo di un filo di rame e hanno fatto toccare l'altro capo del filo a una persona vestita con indumenti di nylon. La scarica di elettricità statica generata dalla persona è stata sufficiente a far esplodere la roulotte.

Morale della favola: di incidenti o incendi prodotti dall'uso del cellulare alla pompa di benzina non c'è alcuna prova, ma è indiscutibile che è imprudente maneggiare qualsiasi apparecchio elettrico mentre si maneggia del carburante. Per cui, nel dubbio, è meglio evitare il rischio sia pur minimo.

Ciao da Paolo.

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